A Foggia non serve pronunciare la parola “mafia”. Basta abbassare la voce, fare un cenno con gli occhi, cambiare discorso. Gli attentati che scuotono le saracinesche di notte e le esplosioni davanti ai locali che hanno osato non pagare il pizzo parlano da sole. È la Società Foggiana, la cosiddetta “quarta mafia”, più giovane delle altre ma capace di diffondere paura con una violenza immediata e brutale.
Nata negli anni Ottanta come una costola ribelle della Sacra Corona Unita, la Società Foggiana è oggi una macchina criminale autonoma, priva di codici antichi e rituali solenni. Il suo linguaggio è la minaccia diretta, la bomba sotto la serranda, la paura che non lascia spazio a trattative.
Negli ultimi anni, a Foggia e nei paesi della Capitanata, le esplosioni sono diventate parte del paesaggio sonoro notturno. Ordigni rudimentali ma efficaci distruggono vetrine e negozi, segnando chi non si piega al racket. È un sistema di intimidazione primitivo ma perfettamente funzionale: ogni bomba è un messaggio, ogni esplosione una firma. I rapporti della Direzione Investigativa Antimafia confermano che il tasso di omicidi legati a questa organizzazione è tra i più alti in Italia, eppure la Società Foggiana rimane largamente ignorata dai media nazionali.
Oggi la sua ombra si allunga oltre la Puglia. Attraverso cooperative agricole fasulle e prestanome, intercetta fondi europei destinati al settore primario, trasformando i contributi pubblici in capitale criminale. La logistica e i trasporti, da Foggia all’Emilia-Romagna, sono diventati canali privilegiati per spostare merci, uomini e denaro. Al Nord, bar e ristoranti acquistati a prezzi sospetti diventano strumenti di riciclaggio e facciate rispettabili di un’economia parallela che si espande silenziosamente.
Diversa da Cosa Nostra, ’Ndrangheta e Camorra, la Società Foggiana non cerca visibilità politica né accordi istituzionali. Evita i grandi summit, non ha bisogno di rituali o giuramenti. Dove le altre mafie trattano, essa minaccia. Dove infiltrano con diplomazia, essa colpisce con esplosioni. Dove cercano consenso, essa prospera nel silenzio. È proprio questo silenzio mediatico a renderla più pericolosa, un invisibile alleato che la protegge dalla luce.
La chiamano “quarta mafia”, ma la definizione non basta. La Società Foggiana è un’organizzazione in espansione, capace di adattarsi e di nascondersi dentro l’economia legale. Cresce dove l’attenzione cala, dove lo Stato è meno presente, dove la paura ha imparato a non fare rumore. Ogni bomba che esplode, ogni locale che chiude per timore, ogni appalto vinto da una cooperativa fantasma racconta l’avanzata lenta e inesorabile di un potere criminale che preferisce restare invisibile.
Ignorarla significa offrirle spazio, raccontarla invece significa toglierle forza. Parlare della Società Foggiana è un atto di resistenza civile, perché il suo potere vive nel silenzio e muore nella verità.
Fonti:
Direzione Investigativa Antimafia (DIA)
Direzione Nazionale Antimafia (DNA)
Libera
Fondazione Caponnetto
