C’è un paradosso che attraversa silenziosamente l’Italia della transizione ecologica. Da un lato, piani ambiziosi per bonificare territori devastati, installare pale eoliche e coprire le campagne di pannelli solari. Dall’altro, vecchie logiche criminali che si rinnovano, si adattano, e si insinuano nei gangli economici di quella che dovrebbe essere la rivoluzione verde. Le mafie non solo osservano, ma partecipano. Comprano, subappaltano, corrompono, e soprattutto anticipano lo Stato dove lo Stato è in ritardo.
Lo dice chiaramente la Relazione semestrale della DIA (Direzione Investigativa Antimafia): “le organizzazioni mafiose hanno da tempo manifestato interesse nei confronti dei settori collegati alla transizione ecologica, sfruttando la frammentazione delle competenze, la scarsa trasparenza dei subappalti e le difficoltà di controllo nei cantieri diffusi sul territorio” (DIA, I semestre 2023).
Nel 2021, in provincia di Foggia, è stato bloccato un progetto da oltre 100 milioni di euro per la realizzazione di un parco fotovoltaico: l’inchiesta “Sole Nero” ha svelato come dietro il consorzio proponente ci fossero prestanome collegati alla mafia foggiana e capitali in odore di riciclaggio. In Sicilia, la procura di Caltanissetta ha aperto un fascicolo su una serie di impianti solari nella zona di Gela, riconducibili a figure già condannate per associazione mafiosa.
Altro fronte caldo: le bonifiche ambientali. Nell’area del SIN di Bagnoli (Napoli), storicamente uno dei siti più inquinati d’Europa, si sono registrate anomalie nelle assegnazioni di incarichi per la rimozione dell’amianto e la decontaminazione del suolo. Alcune cooperative coinvolte nella rimozione dei rifiuti erano collegate a soggetti legati alla Camorra.
Secondo Avviso Pubblico, “le mafie usano le bonifiche anche come leva di consenso sociale, offrendo occupazione in contesti dove lo Stato è percepito come assente e i tempi burocratici bloccano i cantieri”.
Nel settore eolico la situazione non è migliore. La Relazione della Commissione Parlamentare Antimafia (2022) ha documentato come in Calabria e Basilicata diversi impianti siano stati costruiti o gestiti da imprese legate alla ‘ndrangheta. Non sempre con minacce o estorsioni: spesso si tratta di una penetrazione più “borghese”, fatta di commercialisti, notai compiacenti e prestiti di denaro con vincoli occulti.
Con l’arrivo dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) la situazione è peggiorata. Molti bandi per la transizione ecologica sono partiti in emergenza, con scarsa tracciabilità dei flussi e controlli a campione. L’ANAC (Autorità Anticorruzione) ha più volte lanciato l’allarme: “senza una banca dati pubblica e interoperabile degli appalti, i rischi di infiltrazione criminale aumentano esponenzialmente” (ANAC, 2023).
Nei talk-show si parla di energia, di sostenibilità, di fotovoltaico, ma quasi mai si racconta chi controlla davvero i cantieri. Nessuno mostra le carte delle gare d’appalto, né le relazioni occulte tra consorzi e imprenditori “a rischio”. Il racconto resta “verde”, ma superficiale.
Le mafie, intanto, si fanno silenziose. Non sparano, non minacciano. Comprano, investono, anticipano. Non sono contro il progresso: lo incorporano per renderlo redditizio, opaco, controllabile.
Fonti consultate:
- Direzione Investigativa Antimafia, Relazione Semestrale – I semestre 2023
- ANAC, Relazione annuale 2023
- Avviso Pubblico, Rapporto annuale “Amministratori sotto tiro” 2022–2023
- Legambiente, Rapporto Ecomafia 2022
- Commissione Parlamentare Antimafia, Resoconto attività 2022
- IrpiMedia, articoli su “Mafie e transizione verde”
