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Sanità privata convenzionata: il sommerso in camice bianco

26/07/2025 09:01

Redazione

Lavoro,

Sanità privata convenzionata: il sommerso in camice bianco

Nelle cliniche private convenzionate, dove i pazienti credono di ricevere cure garantite dal Servizio Sanitario Nazionale.

Nelle cliniche private convenzionate, dove i pazienti credono di ricevere cure garantite dal Servizio Sanitario Nazionale, si nasconde una zona d’ombra che riguarda chi quelle cure le eroga: medici, infermieri e operatori socio-sanitari spesso pagati “a prestazione”, senza alcun contratto formale, senza ferie, malattia o tutele. Sono i cosiddetti lavoratori “grigi”, essenziali ma invisibili, sfruttati sotto la copertura di un’apparente legalità.

Dietro le strutture che ricevono fondi pubblici per garantire assistenza sanitaria ai cittadini si cela un modello occupazionale borderline, dove la parola “collaborazione” nasconde l’assenza di diritti. Si lavora a chiamata, a turno, a numero di prestazioni. Niente tredicesima, niente tutele INAIL, nessun inquadramento. Alcuni professionisti firmano “contratti di consulenza” da libero professionista, ma di fatto seguono turni imposti, utilizzano divise aziendali e rispondono a direttive gerarchiche. Una subordinazione mascherata.

Il sistema è redditizio per i gestori delle strutture: taglia i costi del personale, aggira i vincoli del contratto collettivo e riduce il rischio sindacale. Il lavoratore, invece, resta sospeso: formalmente autonomo, sostanzialmente ricattabile. Spesso si tratta di giovani appena abilitati o stranieri, che accettano condizioni di lavoro precarie pur di accumulare esperienza o mantenere un impiego.

La convenzione con il sistema pubblico, che dovrebbe garantire standard di qualità e legalità, diventa così un paravento. I controlli sulle condizioni contrattuali del personale sono quasi inesistenti. Le ASL, concentrate sugli aspetti clinici e contabili, raramente verificano la regolarità dei rapporti di lavoro. Le ispezioni del lavoro sono sporadiche e spesso inefficaci, soprattutto quando i dipendenti non risultano nemmeno assunti.

Chi denuncia, rischia l’esclusione. Chi tace, sopravvive. E nel frattempo il sistema si perpetua, indisturbato, in tutta Italia: dai centri di riabilitazione alle cliniche ortopediche, dagli hospice ai poliambulatori. Strutture che sulla carta sono parte del welfare pubblico, ma che in realtà si alimentano di lavoro irregolare e contratti fantasma.

È un paradosso che riguarda tutti: perché se chi ci cura lavora senza garanzie, anche la qualità dell’assistenza – alla lunga – è destinata a deteriorarsi. La salute non può poggiare sul lavoro grigio. E la legalità, in sanità, deve valere per tutti.